Il valore della memoria e la promozione di una cultura della pace sono al centro della mission dell’ASSOCIAZIONE NAZIONALE VITTIME CIVILI DI GUERRA

La Sezione ANVCG  di Rimini è particolarmente impegnata nella difesa e trasmissione della conoscenza storica e sensibilizzazione delle nuove generazioni attraverso la realizzazione di seminari di formazione e attività di educazione alla pace, rivolte alle scuole elementari, medie e superiori. A tal fine, la Sezione svolge una intensa attività di testimonianza sulle stragi nazifasciste, avendo come interlocutori privilegiati i più giovani, poiché il cambiamento sociale passa tra le nuove generazioni attraverso la diffusione di valori quali la solidarietà, la condivisione il rispetto, la tolleranza. La funzione della scuola infatti dovrà sempre più essere oltre quella di trasmettere cultura, anche quella di essere un servizio educativo e un luogo privilegiato di integrazione sociale e di costruzione di solidarietà sociale all’interno di una società “liquida”[1], altamente disgregata e isolante.

 

Durante il laboratorio didattico verranno ripercorse le tappe delle maggiori stragi nazifasciste in Italia, della Resistenza, delle battaglie lungo la  Linea Gotica ad opera del ricercatore storico Dott. Susini del progetto didattico “Storia per tutti”.

Testimone d’eccezione è Franco Leoni Lautizi, sopravvissuto alla strage di Marzabotto e Consigliere Provinciale della Sezione di Rimini.

Creando una forte empatia con gli studenti, il Sig. Leoni in ogni incontro rimarca la discrepanza di come le giovani generazioni di oggi vivano la loro vita dettata dalla aleatorietà dei social, come direbbe Umberto Eco, “costretto in un eterno presente” e l’incubo della ferocia di quei giorni e che ancora lo perseguita giornalmente. Al termine della sua narrazione, che riportiamo, viene letta la poesia che  il Sig. Leoni ha scritto in memoria della propria madre, la quale in procinto di partorire lo ha protetto col proprio corpo dalle mitragliate tedesche, lasciando ferito e motivo di orgoglio per lui, perché posta all’inizio del sentiero di Cà Dorino, che porta al rifugio di Monte Sole. A lei e a tutte le donne è dedicato questo sentiero.

 “Ventinove settembre, mattinata uggiosa, una pioggia fine, continua e fastidiosa. Riparati nel ristretto spazio di un rifugio nel bosco, scavato nel tufo e pieno di umidità, pigiati nel poco spazio tante persone, vicini di podere e gente sfollata, proveniente da altre parti, noi bambini chiassosi e tante donne e vecchi atterriti dalla paura. Un lamento soffocato, che ad ogni minuto si fa sempre più forte e insistente, è in arrivo un  fratellino, bisogna ritornare a casa per il parto, il luogo e la situazione non è adatto per un evento tanto delicato. La nonna Amalia ci accompagna, anche se inesperta, in questa urgente occasione si adegua anche a levatrice, non ci sono alternative. La stradina verso il poggio non è molta, ma sembra infinita, la pioggia sottile e fastidiosa, la mamma è pallida e sembra cadere a ogni passo. Arrivati, la casa e la stalla sono già un inferno, tutto è a fuoco, l’odore acre della carne bruciata entra nelle narici, una mucca muggisce in continuazione nella sofferenza data dal fuoco. Bisogna ritornare al rifugio e adeguarsi alla situazione. Sorretta dalla nonna e lamentandosi per il troppo dolore, si ripercorre il sentiero, quando all’improvviso, il crepitio dei fucili e il sibilare delle pallottole ci sorprende; non c’è riparo sicuro, unica alternativa un pagliaio a pochi metri, ma la corsa finisce subito. La nonna muore per prima, la mamma colpita al ventre cerca di ripararmi, sento il sangue colarmi dalle ferite, i suoi urli strazianti mi entrano nel cuore e non potrò mai più dimenticarli. E’ sera con il buio mi vengano a prendere dal rifugio, mi sdraiano su un mucchio di fascine avvolto nella coperta della mamma, aspettano soltanto la mia morte. Percepisco la voce di mio padre Armando, è disperato, ha perso tutto in un giorno solo, non vuole più nascondersi, vuole solo farsi prendere e morire, non ha più niente per cui vivere. Passano due giorni, mi riprendo, non era giunto ancora per me l’appuntamento con il destino. Ci prelevano le SS dal rifugio e ci portano verso Serana, come in una processione, sospinti dai fucili. Sulla strada, morti e vivi si confondono tra di loro, un inferno. Ho dovuto dire addio troppo presto ai miei genitori, una parte di me se n’è andata con loro e la loro scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile dentro di me. Voglio credere che da dove sono mi stiano guardando e mi stiano regalando un sorriso. Saranno sempre nel mio cuore. Ciao Martina, ciao Armando. Se il vostro sacrificio è servito per avere un mondo migliore sono fiero di essere vostro figlio”.

 

[1] Z. Bauman